Ma qual è il ruolo dell’energy manager, nello specifico?

 

Sostenibilità, decarbonizzazione, efficientamento e transizione energetica: questi sono solo alcuni dei termini che si stanno facendo sempre più largo nel linguaggio comune per indicare i nuovi e ambiziosi obiettivi di politica ambientale fissati a livello nazionale e internazionale, pubblico e privato.

Raggiungerli pienamente, tuttavia, non è un’impresa semplice, e per tale ragione negli anni si sono fatte largo una serie di figure professionali che tendono, ognuno nel suo specifico ambito di competenza, a facilitarne la realizzazione in concreto.

Una di queste è il cosiddetto energy manager, professionista ormai ritenuto essenziale e incaricato di gestire i dati relativi ai consumi di energia in un’azienda. Le imprese sono infatti organizzazioni complesse e non è affatto facile effettuare sempre le scelte più efficienti e sostenibili dal punto di vista energetico senza il sostegno di figure specializzate.

Ma qual è il ruolo dell’energy manager, nello specifico? Cercheremo di spiegarlo in maniera chiara in questo articolo.

 

Energy manager: quando (e perché) è nato?

 

Malgrado sia diventata sempre più necessaria negli ultimi anni, la figura dell’energy manager nacque negli Stati Uniti all’inizio degli anni Settanta, quando l’intero mondo occidentale dovette far fronte a una gravissima crisi petrolifera dalla quale derivò un aumento vertiginoso del prezzo del greggio (e di conseguenza la diminuzione delle sue quantità disponibili).

Tale crisi comportò la necessità di razionalizzare i consumi petroliferi all’interno delle imprese per evitare conseguenze negative sulla produttività aziendale.

È proprio a tal fine che si rese indispensabile un professionista capace di gestire in maniera manageriale tutti gli aspetti che concernevano la politica di conservazione energetica.

In Italia, l’energy manager è stato normato per la prima volta dalla legge n. 10 del 9 gennaio 1991, che lo ha definito come il “responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia”, rendendone obbligatoria la presenza per tutte le industrie che oltrepassino una certa soglia di consumi (10mila tep/annuali), oltre che per gli enti del comparto civile, terziario o dei trasporti i quali superino i 1000 tep/annuali).

 

Di cosa si occupa esattamente l’energy manager?

 

Dalla definizione attuata a livello legislativo, è abbastanza chiaro che per soddisfare i bisogni per cui è stato creato, l’energy manager debba essere un professionista in grado di effettuare consulenze di altissimo livello, confrontandosi continuamente con altre figure aziendali.

Quanto al suo compito specifico, la citata legge 10/1991 afferma che l’energy manager “individua le azioni, gli interventi, le procedure e quanto altro necessario per promuovere l’uso razionale dell’energia, assicura la predisposizione di bilanci energetici in funzione anche dei parametri economici e degli usi energetici finali e predispone i dati energetici” previsti dalla legge.

In termini più semplici, ciò significa che oltre a produrre analisi dalle quali deriveranno appositi bilanci energetici, l’energy manager dovrà decidere (di concerto con l’azienda) quali sono gli investimenti più convenienti per rendere l’impresa efficiente dal punto di vista energetico.

Il tutto, sulla base di dati e cifre oggettivamente sostenibili per l’azienda o l’ente per il quale è tenuto a operare.

Il suo non è tuttavia un ruolo decisionale, ma di consulenza, e tale circostanza implica l’uso di capacità diplomatiche e comunicative capaci di convincere la leadership aziendale “allontanandola” da scelte deleterie e “orientandola” verso pratiche virtuose non solo dal punto di vista economico, ma ambientale.

I compiti concreti svolti dall’energy manager sono variegati e, seppure orientati verso un obiettivo generale coerente, sono molto diversi tra loro. Qualche esempio? Si va dalla corretta regolazione dei vari impianti interni all’azienda alla riqualificazione energetica dei locali aziendali, passando per l’acquisto di nuovi macchinari o il migliore utilizzo di quelli esistenti.

 

Come si diventa energy manager? Requisiti e qualifiche

 

Essere nominato energy manager da un’azienda (nel caso delle imprese più grandi) o svolgere il proprio lavoro come consulente esterno (più comune nelle realtà di minori dimensioni) implica il soddisfacimento di una serie di requisiti peculiari.

In primo luogo, bisogna aver conseguito una laurea in ingegneria o in materie attinenti a quella che sarà in futuro la propria mansione (per esempio scienze ambientali), per poi specializzarsi attraverso corsi di formazione specifici in grado di conferire il ruolo di “Esperto in Gestione dell’Energia”.

In un secondo momento, una volta acquisiti tali titoli, in Italia la legge prevede la nomina annuale dei nuovi energy manager a cura della FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia), che tiene un apposito albo nel quale vengono elencati i professionisti in questione.

 

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